Dalla Pigna Episodio #7

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La prima rubrica settimanale di Comics Authority

“Dalla Pigna” è una rubrica settimanale che vi racconta brevemente quelle che sono state le nostre letture/acquisti durante la settimana appena trascorsa. Oltre che un monito contro la formazione della pigna di volumi – tipica dell’appassionato affetto dalla sindrome da lettore inadempiente – questa rubrica vuole essere uno stimolo per voi, ma sopratutto per noi, alla conversazione fumettistica e a favorire un scambio di idee sull’immenso parco di pubblicazioni in cui siamo immersi. Un po’ come se andaste da un amico e gli chiedeste “che stai leggendo ultimamente?”.

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 Thor God of Thunder vol.3, 4

Torniamo a parlare del dio del tuono scritto da quel pelatone di Jason Aaron (che poi perché so tutti pelati sti maledetti?). Allora diciamo che con il fatto che sta settimana ho fatto almeno 10 ore di aereo ho avuto un filino di tempo per recuperare un po’ di roba sua che rimandavo da tempo. Se leggete questa rubrica, e dovreste farlo, sapete che il primo (o erano i primi due manco me ricordo) story-arc della gestione Aaron sul tonante aveva incontrato il mio gusto e senza troppe pretese mi avevano regalato qualche ora di mazzate e illustrazioni poderose di Esad Ribic. Nulla di apocalittico però, tant’è che con “Thor: Il Dannato” sono partito un po’ prevenuto e lo dico abbastanza a cuor leggero. La saga di Malekith è una martellata sui “cojones” che puzza di filler lontano un miglio. Nemmeno Garney riesce a risollevare l’andazzo che oscilla tra la fase r.e.m e una puntata di pomeriggio 5, mentre Aaron brancola nel buio nel tentativo di far cicciare Malekith alla meno peggio.
Fossi stato meno volenteroso, Thor God of Thunder lo avrei chiuso lì e tanti saluti. Perseverando invece, vuoi il ritorno di Ribic, vuoi una story-line buona con il Thor – Padre di tutti e il carissimo Galactus, Aaron sembra rinsavire e scrivere qualcosa che sia “degno” di essere letto. Non dico degno di Mjonir perché li ancora manca qualcosa. Non so bene perché ma il Thor del presente mi sembra sempre un po’ meno affascinante rispetto alle altre versioni scritte da Aaron. Sarà che la vera ‘ciccia’ della seria sta proprio lì dove lo scrittore ricama i brandelli della sua visione del tonante ad un presente un filino stantio. La battaglia con Galactus è davvero una figata e probabilmente non esiste artisti vivente che avrebbe saputo renderla meglio di Esad Ribic. Le premesse per il ciclo della Thor femmina sono interessanti, e non posso far a meno di pensare che Aaron abbia scritto tutto sto popo’ di roba (Malekith, il Macellatore di Dei, Thor del futuro) solo per mettersi nella condizione di scrivere come cazzo voleva lui, senza compromettere la continuity del tonante.

Southern Bastards #1

 Southern Bastards vol.1

Questa è stata invece la botta che mi ha spinto a tornare a leggere il Thor di Aaron dopo la saga del Macellatore di Dei. Duro, crudo, cocciuto come d’altronde è lo zoccolo duro, il cuore nascosto dell’America. Un racconto che non le manda a dire e che colpisce al cuore ed in profondità. Dove Jason Aaron insieme a Latour (sempre Jason) riescono a dipingere un affresco schietto e spietato dell’Alabama e del Stati del Sud in generale. Una località dove, per quanto assurdo, la civilizzazione fatica ad imbroccare la giusta strada. Dove vige in un certo senso la legge del più forte e quando anche la legge si piega a questo, cosa può un singolo uomo? Per tanti versi simile ad un altro fumetto di cui vi avevo parlato tempo fa che è Grass Kings, di cui trovate un recensione qui. Un racconto di vita vera, di difficoltà vissute, dove non sempre Superman fa in tempo a fermare ogni ingiustizia, ma spesso è quest’ultima ad averla vinta. Quattro numeri gli bastano a quel pelato maledetto. Quattro numeri ed il volume 2 di Southern Bastards me lo so già procurato. Per quello le tutine mi fanno incazzare. Se uno come Aaron riesce a scrivere un gioiello simile in 120 pagine perché ne devo leggere il quadruplo annacquate per vedergli scrivere qualcosa di interessante con il dio del tuono?

Graffiante e gretto il tratto di Latour è la sintesi perfetta per una simile ambientazione. Il suo disegno sembra plasmato, temprato dalla stessa vita che ha scolpito i volti dei personaggi di  Southern Bastard. Le camice a quadrettoni, il degrado dei piccoli centri urbani, personaggi sfacciati e sgraziati. Aaron e Latour conoscono bene questa terra, lo si intuisce chiaramente. Sul finale ho temuto una svolta, un ribaltamento improvviso della situazione che non è arrivato, mentre invece la botta al cuore è arrivata eccome. Aaron mi ha spiazzato, ed è per questo che l’ho amato.

 Sleeper vol.0, 1

Il mio amore per il noir e il pulp é noto se seguite un minimo la pagina o anche questa rubrica. Non a caso un autore che è ricicciato fuori da quando ho scoperto Kill or be Killed è proprio Ed Brubaker, autore di Criminal, Fatale, The Fade Out e del ciclo su Cap e il soldato d’Inverno. Siccome mi conosco abbastanza bene e ho imparato a seguire non tanto i personaggi quanto gli autori che vi sono dietro, mi son andato a ripescare anche Sleeper, da molti giudicata tra le perle imperdibili dello stesso Brubaker.
La serie è ambientata nell’universo Wildstorm ed il tutto prende le mosse da una storia concepita da Colin Wilson e lo stesso Brubaker. Qui i due realizzano una storia molto ‘intripposa’ che vede al centro il nostro caro Grifter in un vero e proprio ciclone narrativo. Quest’ultimo viene risucchiato in un vortice di spie e contro-spie senza via d’uscita, un’idea molto interessante sia narrativamente che stilisticamente che però fa solo da ponte per le vicende a cui assistiamo in Sleeper. Il protagonista infatti scopriamo essere Holden Carver, agente infiltrato all’interno di una organizzazione criminale guidata da Tao (ex- membro e traditore dei Wildcats nell’incarnazione del bardo di Northampton).
L’incipit è molto solido, con questo personaggio al limite tra bene e male, che lotta più che per la propria sopravvivenza (è quasi invincibile, ormai non sa più che ci vuole per ucciderlo) per non diventare ciò che ha giurato di combattere. Il problemone è che non può nemmeno permettersi di bruciare la sua copertura senza una buona ragione ora che è marchiato come un traditore e tutti i suoi contatti con il mondo esterno sono stati recisi. Brubaker riesce sempre a conciliare il fantastico tipico dei personaggi con superpoteri, con personaggi reali e ben inchiodati al terreno. Ad aggiungere profondità Sean Phillips da sempre matita fedelissima dello scrittore e illustratore dal grandissimo talento per il noir. Sono solo all’inizio ma già qualcosa di interessante bolle in pentola e non vedo l’ora di scoprire cosa sia.

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 Ninjak vol.1

Dopo averlo intravisto di sfuggita sulle pag. di Unity e di X-O Manowar, incuriosito dal personaggio, ho deciso finalmente di provarlo. Il primo impatto è assolutamente incoraggiante. Lo story-arc imbastito per l’occasione dallo scrittore Matt Kindt si presenta da subito meritevole di grande interesse “Matt Kindt, segnatevi questo nome perché ritornerà”. Per l’occasione, l’autore decide di optare per una narrazione su più linee temporali, un crocevia imbastito appositamente per aiutarci a tracciare una riga sul presente e sul passato del personaggio, per darci un’idea chiara di chi sia realmente e cosa faccia il nostro Ninjak, al secolo Colin King, ovvero il più temuto assassino dell’universo Valiant. In questo primo story-arc avremo a che fare con una storia di puro spionaggio, vedremo infatti il protagonista impegnato a scontrarsi con la misteriosa organizzazione conosciuta come “L’Arsenale”, un gruppo di fabbricanti di armi il cui scopo è venderle in cambio di ingenti somme di danaro. In tutto questo, l’autore dedica al personaggio anche una serie di storie brevi, ne “I File Perduti” possiamo infatti ricostruire parte del passato del protagonista rivivendo diverse esperienze di importanza alquanto significativa. Poco da dire, Kindt riesce a portarci una storia di ampio respiro, perfettamente intervallata dai flashback riguardanti l’infanzia del protagonista. Personalmente ho apprezzato molto questa lettura. In particolare, sono rimasto colpito dal fatto che effettivamente non sia mancato alcun elemento narrativo, anzi l’offerta è veramente ampia e sono sorpreso di come l’autore abbia saputo distribuire il tutto con tale maestria, senza mai andare ad inficiare sulla qualità della narrazione. Infine, anche i disegni rendono pienamente giustizia al personaggio. Per l’occasione ad affiancare Kindt, troviamo infatti in qualità di disegnatore principale il buon Clay Mann, disegnatore di scuola Image con un passato in Marvel, che si dimostra perfetto per il ruolo col proprio tratto graffiante e piacevolmente dettagliato. Bellissime anche le cover di Lewis LaRosa, autore dal tratto pulito e realistico, i suoi primi piani sono una gioia per gli occhi. Infine, troviamo anche il contributo di Butch Guice, autore dal tratto prettamente noir e dal duo composto da Juan José Ryp e Marguerite Sauvage. In soldoni, se siete alla ricerca di una storia con queste caratteristiche o anche voleste semplicemente provare un’esperienza targata Valiant, visto anche il prezzo ampiamente accessibile degli albi della collana, mi sento di consigliarvi questa lettura senza problemi. Per quanto mi riguarda continuerò certamente a seguirla, viste anche le interessanti premesse lasciate in vista del prossimo story-arc.

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