Death Note – Netflix reinventa il cult manga | Recensione

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Commento al Death Note di Netflix

È sotto gli occhi di tutti come Netflix stia pian piano prendendo una deriva un po’ pericolosa. Titoli che fanno discutere molto, che spaccano la critica e cominciano a deludere più di qualche appassionato. A prescindere dai gusti personali se ne sono accorti un po’ tutti di questa tendenza. Oggi parliamo della trasposizione di Death Note, produzione Netflix, anche in questo caso aspramente criticata. Andiamo con ordine. Ci tengo a precisare che non mi ritengo un fan di DN. Il manga per me ha tutta una serie di difetti che non elenco qui per non appesantirvi troppo.

Ho fatto questa premessa perché la critica più forte e che più spicca tra le varie opinioni che si leggono sull’inderned è:

Senza troppi giri di parole, di DN c’è davvero poco oltre al concept di base, e anche preso come film a se stante lascia molto a desiderare

C’è di tutto in Death Note, e troverete qualsiasi cosa stiate cercando – che siate fan dei teen movie, degli horror o dei crime-thriller. L’unica cosa che manca è la coerenza.

Oggettivamente del materiale originale c’è ben poco. L’ambientazione passa dal Giappone alla costa Ovest degli USA, nella città di Seattle. Il personaggio di L cambia colore della pelle (e anche di vestiti). Sostanzialmente trame, nomi e personaggi ex-novo per questo adattamento.

È un film brutto per questi motivi? No, certo che no. Tanti sono gli esempi di successo ma che si discostano dal materiale originale. Primo fra tutti forse é l’altra grande produzione che ci tiene incollati in questi giorni di fine estate: Game of Thrones. Parlando esclusivamente di film tratti da fumetti mi viene in mente il tristemente inedito Dredd di Pete Travis con Karl Urban. Per farla breve, seguire pedissequamente un manga non è condizione necessaria per fare un buon film.

A valle di questo, il Death Note di Adam Wingard non brilla  di luce propria. Il regista, nuova figura di spicco del cinema horror (You’re Next, VHS The Guest) alterna buone trovate a soluzioni narrative discutibili. Non si capisce che tipo di film sia. Ci sono momenti da Teen Movie, scene al limite dello Splatter ed alcune da Crime-Thriller. L’insieme é una “mappazza” senza sapore e con troppe pretese. L’errore più grave derivata dalla compressione della storia. Il film accellera li dove sarebbe dovuto scendere nei dettagli. Si perde completamente la natura del duello intellettuale, quasi scacchistico tra Light ed L, vero punto di forza del manga. La tensione che accompagna le vicende del manga, così come i dialoghi, viene barattata per l’inutile quanto ridicola frenesia di altre scene.

Per non parlare delle scene Teen che altrimenti scoppio a ridere di nuovo.

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Io non so voi ma mi ricordo che Death Note era al limite delle soap brasiliane: 4/5 personaggi, una stanza e una caterva di dialoghi.


D’altro canto pretendere il ritmo compassato del fumetto sarebbe un errore perché i tempi cinematografici sono completamente differenti ed è impensabile racchiudere i 3 atti originali in 100 minuti. Anzi, volendo questo è uno dei pochi fattori di pregio della pellicola: l’aver cercato di snellire la trama con qualcosa di completamente nuovo. Purtroppo, questo nuovo non si è dimostrato all’altezza. Il ritmo serrato nella fase iniziale sacrifica parte della caratterizzazione dei personaggi, meno posati e razionali di quanto ci si aspetti. Mia (Misa), figura debole del manga, prevarica quella di Kira. Il personaggio di Light, interpretato da Nat Wolff è così sminuito da sembrare più un tontolone “imbiscottato” dalla cheerleader diabolica. Qui il secondo grande errore: Light sembra una figura sostanzialmente positiva. Ammazza i cattivi si, ma lo fa perché è innamorato. È impulsivo al limite dell’anti-sgamo si, ma solo perché ha perso la madre. Sul finale poi la coerenza va a farsi un giro a Westeros che forse i tempi narrativi di Games of Thrones sono più realistici.

Il comparto tecnico è notevole. Visivamente quasi sempre convincente, con una buona fotografia – semplice, chiara e godibile. Peccato che la regia non faccia lo stesso. Più di una volta mi sono domandato il senso di alcune inquadrature totalmente fini a se stesse o dei movimenti di camera e stacchi degni dei peggior mal di mare di Micheal Bay.

Convincente anche Ryuk Raiuc, interpretato dal buon Willem Dafoe. L’attore tira fuori una buona interpretazione in quelle misere quattro scene in cui compare – che la CGI è bella ma sopratutto cara. Il film ci presenta il demone in nuova luce: non viene fatto cenno alla “noia” che lo spinge nel manga a droppare il Death Note tra i mortali; più spaventoso e controverso, anche nei confronti dello stesso Light. Una figura inquietante e di impatto ma che purtroppo assiste in modo passivo alle vicende dei nostri amichetti. La conclusione come il resto del film si distacca dal materiale originale. Seppur questa regali qualche piccola soddisfazione non serve risollevare le sorti del film.


Diamo quindi spazio ad una piccola considerazione che in molti immagino si saranno posti. Dato che Death Note è un film bruttino per tanti motivi (a prescindere dalla fedeltà al manga) mi  sono chiesto: fin dove è lecito spingersi con la licenza artistica quando si rielabora una storia come quella di DN? Perché se da un lato è vero che non si possono trasporre tutte le vicende del manga in un film, è anche vero che questo si intitola Death Note e non Pippo va in vacanza. Qualche punto di contatto ci deve pur essere. Un amico mi ha giustamente risposto:

Della licenza artistica direi che se ne sono fottuti. Hanno pagato i diritti e hanno fatto il cazzo che gli pareva
 Come dargli torto tanti film di questi anni fanno da scuola in questo senso, ma l’interrogativo rimane. Voi cosa ne pensate? Fatemelo sapere in un commento qui sotto. Noi ci vediamo nel prossimo articolo.
Buon Salve

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